Selvatico Magazine esce nel suo primo numero, la Sete, il 21 dicembre 2024. 
La copertina sa di terra, e il titolo è centrale e facile da leggere; l’interno è invece un paesaggio raccontato da chi lo abita: ci sono persone, oggetti, piante, cibo, abiti. Ciascuno di loro ci dice che cos’è la sete. 
Nel nostro incontro, le direttrici creative, Simona Pavan e Simona171, e l'editor, Michela Arfiero, mi descrivono selvatico come un paesaggio in cui muoversi spontaneamente: un territorio inaspettato e da leggere, dove la polisemia e la precisione dei contenuti convivono, facendoci tornare "una specie tra le specie". 

Per prima cosa vorrei chiedervi il significato e il motivo della scelta di Selvatico, nome del vostro magazine, e di Sete, nome del primo issue.

S.171 Beh, io ho proposto Selvatico perché racchiudeva la nostra idea della rivista, un paesaggio libero che avesse regole date da noi, quindi delle non regole, e soprattutto che fosse spontaneo. Mentre la Sete è un’idea di Simona (Pavan) che spesso sceglie temi legati alla natura.

S.P. Sì, Selvatico mi riporta alla natura e per me era molto importante che ci fosse un legame con l’ambiente, con qualcosa che c'è, c'è sempre stato e che c'è nonostante tutto. Per questo ho pensato alla sete, termine che oltre a essere strettamente legato con Selvatico si presta anche a diverse interpretazioni.

M.A. E poi Selvatico ha un aspetto organico, incolto, lontano dall’idea di Selvaggio a cui spesso viene associato. È un termine, insieme alla Sete, che io ho accolto subito perché rispecchia molto l’idea delle Simone – così le chiamo - di mettere il lettore di fronte a risposte e letture diverse. 

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Michela, nella tua lettera parli proprio di libertà creativa, legandola a un sentimento primordiale. Vorrei chiederti come ha preso forma nei contributi.

M.A. Sai io penso che ciascuno di noi abbia una concezione propria del suo essere un individuo selvatico. Per questo abbiamo voluto lasciare che gli autori si esprimessero all'interno del loro spazio, del loro raggio di azione. Così simbolicamente come se fossero degli animali, c’è chi vola e chi scava. E dalla sete nascono tanti spunti e possibilità. 

Ed è bello vedere come gli autori partano dalla Sete, come bisogno primario, per ridefinirla nel loro contemporaneo. Mi chiedo se, come creative, sentivate la necessità di avere un paesaggio diverso entro cui agire.

S.171 Allora io nel gruppo sono quella, diciamo, più concreta. Il mio lavoro è fare la fotografa, mentre Michela e Simona sono più poliedriche. Per me, quindi, si trattava di un bisogno creativo: sentivo l’esigenza di dare alle mie fotografie uno spazio più libero, non avere nessuno che mi dicesse cosa e come fare. 

S.P. Nel mio caso era realizzare qualcosa che rispecchiasse la mia estetica e i miei interessi, ma in un lavoro a tante mani, perché Selvatico è il lavoro di tantissime persone. 

M.A. Io invece provengo dagli studi d’arte e, riprendendo il concetto di Giorgio Agamben secondo cui "Ogni artista è contemporaneo al suo tempo", era per me importante creare qualcosa che fosse onesto e aderisse al nostro tempo, percependone sia la bellezza che l'oscurità.

I contributi risultano nell’insieme molto vari e liberi, ma anche molto precisi. Direi che formano una raccolta, in cui ciascuno è un piccolo capitolo sulla sete. Mi chiedo come mai avete scelto di tenerli divisi l’uno dall’altro.

M.A. Abbiamo voluto che ognuno sviscerasse il tema da sé, senza il classico rapporto testo - immagine. Ad esempio, nelle rubriche volevamo che ci si focalizzasse solo sulle parole e che gli autori scrivessero di quello che sanno e di quello che sono, condividendo anche le loro ricerche. E credo sia questo a rendere i contenuti così precisi. 

Come direttrici artistiche tra i vostri intenti c’era anche quello di creare un magazine da leggere? 

S.171 Sì, volevamo che il testo fosse la parte principale e che il territorio di Selvatico fosse un racconto da leggere. Le immagini hanno una narrativa, certo, ma - detto contro che io sono una fotografa - il testo racconta qualcosa in più e in un tempo diverso, meno immediato. E noi volevamo lavorare in questo tempo più lento.

S.P. Esatto, cercavamo una lettura in cui le immagini si amalgamassero ai testi. Per questo non ci sono immagini di archivio, ma fotografie scattate ad hoc.

M.A. Poi se noti, non ci sono didascalie. E questo perché volevamo che le immagini rimanessero nel flusso dei testi, in un tempo che non si interrompesse dai testi alle didascalie ma che andasse direttamente alle immagini. 

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Dalle rubriche e dalle interviste, passate poi alle immagini dove come protagonisti ci sono oggetti di design o di natura morta. Vi chiedo che ruolo hanno nella sequenza. 

S.171 In primo luogo, anche il design è uno dei focus del magazine. 

S.P. Se pensiamo a un paesaggio libero e al quotidiano, non possiamo fare a meno di menzionare gli oggetti. Il paesaggio contemporaneo è infatti abitato da figure animate e inanimate: sono tutte loro, insieme, a dargli una forma.   

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Una cosa che mi incuriosisce e che vorrei ci raccontaste è l’impaginazione degli oggetti e i background che avete scelto. 

S.P. Questo sfondo è terra: sono delle immagini di Lanzarote.

S.171 Non avendo possibilità di scattare questi oggetti in loco, abbiamo deciso di mettere come sfondo dei paesaggi arsi e provati dalla sete. Volevamo parlare di design ma mantenere un riferimento alla sete che non fosse il solito bicchiere d’acqua.

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E poi vabbè, quando sono assetato bevo, e poi mi siedo. è anche una sorta di gioco di riposizionamento, spesso gli oggetti di design poggiano su carte patinate e bianche.

S.171 Sì, abbiamo adottato un lavoro grafico che ci consentisse di raccontare il design in un modo diverso. Di solito, soprattutto in Italia, troviamo riviste di design super patinate dove il prodotto è quasi glorificato, posto su un fondo bianco e reso ben visibile. Noi volevamo essere più dirette: questo è l’oggetto e così lo trovi. 

E la carta che avete scelto così come il formato fanno riferimento a un’idea di libertà creativa, ma anche di semplicità e unione.

S.171 Il formato ci piaceva che fosse maneggevole, perché un po' come un libro, deve essere bello da leggere e facile da portare in giro; la carta non è patinata, ma quasi grezza. Sarebbe stato contro l'idea di selvatico scegliere qualcos’altro. 

M.A. In particolare sono stati gli art director e grafici, Lorenzo Molteni e Lorenzo Piccinini, a individuare questa carta: con un uso mano giusto, un’ottima qualità delle immagini e con un colore pantone sui toni del giallino aggiunto al bianco che richiamasse una carta antica e che facesse da collante tra i vari contributi.

In seconda pagina c’è un disegno del sistema solare con riferimento alla cadenza di pubblicazione. Che significato ha per voi questa scelta?

M.A. Sai, il solstizio è una data mobile. Cade tra il 20 e il 21 giugno, e il 20 e il 21 dicembre, è un cambio di stagione che non è dettato da una data sul calendario, ma dalla distanza tra il sole e l'orizzonte terrestre. E questo si lega a Selvatico: le culture antiche e gli animali capivano quando migrare e quando restare secondo la quantità del sole. Quindi, il solstizio segna un cambiamento della natura, un passaggio. Poi certo, potevamo comunque dire ogni 6 mesi, però il concetto di solstizio era più aderente alla nostra idea. 

E da qui, a cerchio si torna al tema. 

S.P. Sì, penso sempre alla natura. penso sempre a delle cose che si trovano e si possono trovare un po' ovunque ma che, in fondo, aiutano anche a tornare a noi stess*. 

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Il prossimo numero uscirà il 21 giugno, ci volete dare un indizio?

S.171 Allora il prossimo numero parla di un luogo di passaggio. 

M.A. Puoi starci dentro o attraversarlo. 

Ok, direi che già questi sono dei buoni indizi. Teniamo il mistero. Dal punto di vista della forma e del contenuto, ci saranno dei cambiamenti?

M.A. Ma il cambiamento lo danno il tema, le rubriche dei collaboratori, i servizi fotografici, i i personaggi intervistati. Insieme creano l’interdisciplinarità, che credo sia molto importante in questo periodo storico dove prendiamo troppo facilmente delle posizioni, invece di mescolarci in un esercizio intellettualmente interessante. 

March 13, 2025 — VALENTINA ANGELI

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