Nel coloratissimo mondo dei printmakers con Pressing Matters
Non dobbiamo essere necessariamente mastri stampatori per conoscere il brividino che sale lungo la schiena ogni volta che con un timbro decoriamo un bigliettino di auguri o una lettera. C’è sempre quel piccolo margine di errore, che sia una sbavatura o la figura leggermente decentrata, che è la testimonianza che quella cosa è stata fatta da noi personalmente con le nostre mani ed è irripetibile.
È proprio questo il punto di forza del lavoro artigianale mostrato all’interno di Pressing Matters: trasformare in pregio quello che normalmente viene considerato difetto nell’era industriale. Questa filosofia viene portata avanti da tutti i protagonisti del magazine, che ci offre una panoramica sui guru della stampa sparsi in tutto il mondo, ciascuno con la propria peculiarità. La rivista si rivolge prettamente agli addetti ai lavori poiché affronta il tema in modo specifico senza troppe divagazioni, ma rimane estremamente valida per chi vuole approcciarsi a questo mondo dal punto di vista professionale o ne è semplicemente incuriosito.
In questo numero decisamente primaverile veniamo catapultati nei diversi scenari naturali ricreati da artisti-illustratori-stampatori con stili molto diversi tra loro. C’è chi predilige il mondo animale, chi quello vegetale, chi i paesaggi e chi addirittura utilizza le piante per creare pigmenti naturali e sostenibili. È il caso di Jacqui Symons, una graphic designer britannica che ha dedicato un anno alla ricerca e allo sviluppo di pigmenti plant-based per la creazione di inchiostri ad acqua e ad olio totalmente organici (per i più scientifici c’è anche uno schema riassuntivo del procedimento di estrazione del colore dalle piante).
Oltre a riportare storie di artigiani dell’arte della stampa, Pressing Matters ci fa entrare all’interno degli spazi in cui avviene la magia. È affascinante vedere come non ci siano regole ferree ma come ciascuno, in base alla propria attitudine, sia libero di scegliere il luogo più adatto alla creazione dei propri lavori. Tra i più classici ci sono stanze domestiche o spazi di co-working, ma il premio al laboratorio più originale lo vince senza dubbio Amanda Michelle che nel 2021 ha deciso di comprimere la sua casa e il suo studio all’interno di un van, con cui viaggia per ricevere più stimoli possibili e mantenere un contatto con la natura.
Insomma espressione creativa, tecniche esecutive e personalizzazione della propria arte sono gli aspetti che il fondatore e direttore creativo John Coe vuole mettere in evidenza, dando voce a una professione che, pur essendo una nicchia, ospita al suo interno un’enorme varietà di stili. È un mondo che vale la pena di scoprire per la bellezza che scaturisce dall’unicità delle opere e per la dedizione dei loro creatori.
Se vuoi approfondire la realtà dei printmakers trovi QUI l'ultimo numero di Pressing Matters.