Le giornate della Design Week sono dense di incontri, in presenza e online. Direttamente dall'America, ci siamo collegate con Adrian Volz, graphic designer e autore del giornale Architectural. Edito Archiprint, al suo interno ci racconta una serie di progetti architettonici del periodo moderno utilizzando il linguaggio del graphic design e un corredo di elementi d'arredo, musicali e cinematografici. 

Ciao Adrian, prima di tutto ti va di raccontarci come mai hai deciso di creare una rivista che parlasse di architettura e design?
È nato un po’ tutto durante i miei studi universitari quando mi sono avvicinato al mondo del design e delle riviste. Da lì ho nutrito una grande fascinazione, specialmente per il design moderno. Per questo ho deciso di creare un progetto che parlasse di architettura moderna attraverso forme di design che fossero equilibrate e ordinate. Volevo creare un giornale che documentasse alcuni architetti e progetti che ho incontrato nel mio percorso.

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Quindi la tua ricerca nasce da materiali che volevi in qualche modo annotare. Quali punti di riferimento sono stati importanti?
Mi sono ispirato soprattutto a The Architect’s Newspaper, un importante giornale negli Stati Uniti, e ad alcune pubblicazioni del XXI secolo. Sono molto attratto dal graphic design, specialmente quello tecnico legato alla produzione editoriale.

E la stampa su carta fa parte di questa visione?
Assolutamente sì. Ho una profonda passione per la stampa: quel tocco specifico, il peso della carta… Lo adoro, perché comunica in modo autentico.

Per quanto riguarda il linguaggio, hai scelto quello grafico senza troppe spiegazioni. Questo perché volevi creare una rivista che fosse una lettura professionale e settoriale?
Sì, questo è il mio linguaggio, il modo in cui comunico visivamente e il modo in cui affronto un progetto. Sapevo che avrebbe attratto principalmente architetti, ed è sempre stato un mio obiettivo lavorare con loro.
Mi piace elevare tutto attraverso l’architettura, perché incorpora tanti aspetti della vita quotidiana: luoghi dove le persone vivono, lavorano, si ritrovano… E al contempo include un alto livello di disegno tecnico. Per me questi elementi sono fondamentali, e il modo più chiaro per esprimerli è il graphic design.

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Come hai composto le sezioni, dai temi agli elementi che le compongono? Ho notato che non parli solo di edifici, ma anche di film, oggetti…
Diciamo che il giornale è anche una sorta di mini antologia che mostra opere architettoniche di rilievo, ma anche i miei interessi personali. Da un punto di vista tecnico, ho progettato tutto in modo che chiunque possa trovare qualcosa di interessante. Mi piace l’idea di lavorare su un’attrattiva a più livelli, con elementi che stimolino ricerche parallele: dagli edifici agli oggetti che ne completano l’atmosfera.
Guardando alla disposizione, ogni elemento ha una scala diversa, secondo il principio gerarchico del graphic design tradizionale: l'importanza degli elementi si comunica attraverso le loro proporzioni e la loro disposizione. C’è sempre un tema centrale e tutto ruota intorno a esso.

E ogni elemento è progettato graficamente nello stesso stile, perché? 
Sì e questo perché ancora prima di essere graphic designer, mi piace disegnare tutto a mano, usare il computer come strumento di disegno. Quindi, se devo pubblicare un documento per il pubblico, deve avere quell’aspetto, quel tipo di tratto.

Dedichi anche due pagine alla tipografia. Come si collega all’architettura?
Per me tutto nasce con un righello, una matita, e dei gradi visivi diversi.
Credo che la tipografia sia in qualche modo connessa al design architettonico. È un pensiero che nasce dalla scuola del Bauhaus. Questo documento è un omaggio al mondo grafico, a ciò che rende il graphic design ciò che è: trattare ogni aspetto come se fosse costruito, come se fosse fatto da zero.

In questo senso progettare una pagina è un processo affine al progettare un edificio, non stai solo seguendo delle regole, ma stai creando un luogo, che sia una stanza o una pagina. Le doppie pagine della rivista quindi ci raccontano un luogo e un periodo e lo fanno adottando elementi diversi disposti poi su una sorta di moodboard.
Esattamente. Ogni doppia pagina è una moodboard, dove tutto è motivato e organizzato. Sono partito dalle cose che mi piacciono e mi interessano, e le ho messe insieme in un montaggio, che poi è diventato un layout digitale, un libro.
In particolare, ciò che rende speciale questo giornale è anche l’idea della conservazione storica: come mantenere vive queste cose.

Hai lavorato quindi come un piccolo archivio, ma con un’idea di preservazione. Come si rapporta la rivista al futuro?
Il modernismo è nato in Europa, poi è arrivato in America, che ha sviluppato una sua versione ispirata però fortemente ai designer europei.
La libertà e la democrazia di quel movimento vanno preservate. Questa pubblicazione è un documento attuale che celebra il passato, ma anche il futuro: prendo appunti da ciò che vedo per creare degli spunti di riflessione e delle ancore per il futuro.

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Quindi prima abbiamo parlato di moodboard, ma forse possiamo anche parlare di diario, dove prendi nota e fai ricerca su ciò che ti circonda …
Esatto. Non si tratta solo di edifici del passato, ma di edifici che ci fanno riflettere su ciò che accade: ci aiutano a collegare il passato con l’attualità e a capire meglio la politica, le tendenze.

Anche se stampi su carta, sottolinei quanto sia importante il digitale oggi, pur facendo ricerca sul passato, giusto?
Sì, gli elementi digitali possono essere utilizzati sia nella stampa che nel digitale, e si adattano bene a entrambi. Tuttavia, all’utilizzo del digitale non corrisponde quello dell’AI, in particolare per il pacchetto di Adobe che ora invece se ne avvale. Voglio creare un microcosmo del vecchio modo di fare design.

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Guardando alla quarta di copertina, che significato ha la grafica che hai inserito? 
Questa è la mia firma, qui trovi gli elementi che compongono il mio lavoro e il mio modo di lavorare e pensare.

April 24, 2025 — VALENTINA ANGELI

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