Uno spazio che accoglie celebrities, talenti emergenti, opinioni e pareri contrastanti. 
In un ritmo spontaneo che segue le parole, what we stand for.

L’ingresso di 72 in edicola divide e confonde, catturando o rivoltando gli sguardi oltre la vetrina. Lo stesso è accaduto anche a noi. Scatoloni arrivati a fine giornata e aperti in negozio per sfogliare velocemente qualche pagina prima di abbassare le serrande: a prima vista, 72 non ci ha entusiasmate, ma sicuramente incuriosite. Un volto iconico e un outfit monacale, abbellito da una serie di gioielli in brillanti e catene, compaiono su uno sfondo neutro, richiamando una posa Vogue.
Ma davvero Edward Enninful è tornato, due anni dopo il licenziamento da Vogue, per impegnarsi in una pubblicazione indipendente e autoprodotta che ne segua pedissequamente le tracce?

72 e Julia Roberts: riflessione sulla cover di un magazine indipendente 

Partiamo dall’inizio, guardiamo la copertina: Julia Roberts, iconica figura del cinema hollywoodiano, tiene le labbra strette e la testa inclinata. Viene immortalata in primo piano: più che un invito incalzante alla lettura, è una posa statica, fredda. Alla sua destra, una serie di titoli di copertina color giallo si posizionano a cascata sotto il nome della rivista, un 72 graziato e color magenta.

Il primo dato, indubbiamente, è che Julia Roberts, oltre a essere una figura di rilievo mondiale nel cinema, è anche nota per non farsi fotografare così facilmente. La sua comparsa in edicola è quindi una mossa assolutamente in linea con buoni obiettivi di vendita e visibilità. Ma il discorso non finisce qui: la sua presenza viene giustificata da Edward Enninful e raccontata dagli interessati come una scelta e una promessa tra due amici:

“When I was leaving (British Vogue), I told her if I ever did anything else, I’d want her as my first cover: she thought I was joking.”
E così è stato. 

La lettera dell'editor e i contenuti: what we stand for

Da questo dettaglio, e dalla lettera dell’editor, il taglio e la direzione del magazine assumono una prospettiva diversa:

“We built 72 on the belief that fashion isn’t just about what we wear but what we stand for. […] We envisioned this magazine as a cultural community for open minds, where radical thinkers, new artists and under-represented voices align with icons and legendary visionaries.”

Con queste parole, decise e precise, l’editor ci dice apertamente che il magazine è uno spazio di creatività, dove icone – vedi Julia Roberts in copertina – e talenti ancora non conosciuti trovano uno spazio comune "what we stand for". La copertina è quindi una dichiarazione di intenti, e forse anche una forma di ironia nei confronti di Vogue e delle sue linee editoriali, probabilmente diventate troppo strette per Edward Enninful.

Fuori dalle logiche commerciali, 72 rifiuta ogni forma di inserzione o contenuto che esca dagli interessi stretti del suo founder. Lasciano forse interdette le pagine prodotto, in cui oggetti di skincare o beauty non vengono né demonizzati né sponsorizzati. Se ne descrive la genesi, il modo di applicarli, i vizi connessi e i lati grotteschi di quella sensazione di pelle che diventa plastica:

“The sensation once the Botox takes hold is pretty comical – your lips feel like rubber – making politely a cup of tea or drinking anything with a straw, for example, temporarily quite impossible.”

Immagini in griglia, prezzi ed effetti benefici accanto: è uno scroll su TikTok, una voce laterale che consiglia, da amica.

Il magazine, quindi, prosegue e si compone di stanze e racconti più o meno noti. My Space è la sezione in apertura, dove amici – da Oprah Winfrey a Lila Moss – di Edward Enninful raccontano lo spazio in cui si rifugiano per creare. Couture in the Digital Age, invece, è una parentesi puntellata da voci diverse ma meno conosciute.

Da Vogue UK a una pubblicazione e a un'agenzia di comunicazione indipendenti: tracce di un linguaggio e l'apertura di nuovi spazi 

Nota a margine: è nel paradosso e nella convivenza tra le forme di un linguaggio noto, cui Enninful era abituato, e l’apertura a nuovi dialoghi che nasce il nostro interesse. Prendiamo, ad esempio, gli scatti di Gabriel Moses – fotografo di moda tendenzialmente streetwear – in cui i gioielli cadono e si perdono in una patina mistica e lugubre. 

 

Oppure, in un altro articolo, vediamo una rassegna di hobby e beauty routine, dove i prodotti di bellezza sono presentati, ma senza un'opinione dominante. Anche perché – si legge – "se continuano ad aumentare, forse la scienza sta effettivamente ottenendo dei risultati concreti?". Pagine, queste, che ci restituiscono il tono pop di un feed Instagram, ma con uno sguardo più organizzato, capace di condurci a un’analisi, e non a un acquisto compulsivo.

 

Con questa serie di progetti inediti e dialoghi tra ex partner, il primo numero di 72 –  tra il resto anno di nascita di Enninful – è un progetto editoriale che ci incuriosisce. Anche perché rappresenta la ramificazione di un progetto più grande, EE72 l' agenzia di comunicazione fondata con la sorella Akua Enninful, nato con i medesimi intenti: lavorare per What we stand for. In quarta di copertina, Julia Roberts si volta leggermente e sorride, suggerendoci il gioco spontaneo ed eterogeneo della rivista. 

 

17 ottobre 2025 — VALENTINA ANGELI

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