Sorseggiando parole con Nicola Carlevaris, fondatore di VERSANTI
Nicola Carlevaris è il fondatore di “VERSANTI di Vini e Parole” un magazine che parla di vino e persone.
Ci incontriamo sabato 14 settembre, in una delle giornate del Festival di Mag to Mag, e parliamo dell’ultimo numero di “VERSANTI”, dedicato ai vulcani; a chi ne è ossessionato; ai viticoltori che vivono nella sua ombra; al vino di queste terre...
Chiara Zonta
Un aspetto che mi incuriosisce molto è la scelta del nome di un magazine. “VERSANTI di vini e parole” rievoca l’immaginario di una montagna: permette di osservare ciò che sta sotto e di vedere più da vicino ciò che sta sopra. Vino e parole si posizionano fra la terra e il cielo, ma per guardare che cosa?
Nicola Carlevaris
Per offrire uno sguardo diverso sul vino: in Italia viene valutato soprattutto in termini di qualità e prestazioni commerciali, noi vogliamo osservarlo da altre angolazioni, o, per l'appunto "versanti". Il nostro focus va oltre la bontà del vino come prodotto, ne valorizza infatti anche gli aspetti umani e territoriali.
Non a caso, lo stesso termine "versanti" ha un doppio senso: il vino va versato e bevuto, senza prenderlo troppo sul serio. Goderne senza troppe riflessioni.
CZ
Nell’intervista all’artista e ideatore della copertina del numero 1, Guido Bisagni, si parla di etichette sulle bottiglie di vino. Mentre l’artista afferma di avere il desiderio di ricevere più informazioni sulle sostanze presenti, io penso a quanto desidererei un’etichetta che mi racconti di quel vino, come le descrizioni sulle boccette dei profumi. Mi aiutano a scegliere più autonomamente cosa mi piace. Lei pensa che Versanti possa aiutare a orientarsi più consapevolmente sulla scelta di un vino?
NC
Il tema dell’etichetta è un argomento molto sensibile. Dal punto di vista legale, c’è la questione dell’indicazione di ingredienti di origine animale, come l’albumina - che è uno degli additivi più comuni in certi vini. Tuttavia, queste normative sono spesso poco chiare. Per quanto riguarda l’indicazione della natura del vino, come le informazioni organolettiche, secondo me non si va mai troppo oltre i soliti descrittori; si usano sempre le stesse parole come “vino suadente” o simili, che, a mio avviso, non trasmettono veramente l’essenza del prodotto. E qui torno a concentrarmi sull’importanza dell’etichetta. Siamo tutti bravi a dire che "l’abito non fa il monaco" e che ciò che conta è la qualità del vino, ed è vero, ma alla fine l’estetica fa la differenza. Se mi trovo di fronte a una bottiglia con un’etichetta bruttissima e una con un’etichetta accattivante, a parità di prodotto, istintivamente scelgo quella con l’etichetta migliore. Il vino è, a suo modo, una forma d’arte, e credo sia giusto che anche la sua immagine venga veicolata in modo dignitoso. Fa parte dell’esperienza, come il bicchiere da cui lo bevi.
CZ
Trovo affascinante il vostro modo duplice di narrare: l'accostamento del vivere emotivamente l’ambiente riflesso sull’insediamento delle viti. Socialmente e culturalmente cresciamo con una visione antropocentrica, dove l'uomo governa ed è al centro della natura. In questi racconti mi sembra si sostituisca la cura alla conquista, cosa pensi abbia influito in questo cambio di prospettiva?
NC
La narrazione del vino non può essere limitata al semplice racconto del liquido che beviamo. Un vino parla innanzitutto di territori, e in secondo luogo delle persone che lo vivono e, a volte, subiscono. Se pensiamo, nello specifico, al contesto vulcanico, tutto ciò diventa ancora più evidente. Per me, ciò che mi stai chiedendo rappresenta una condizione fondamentale, un prerequisito alla base dell'idea di "Versanti". Raccontare un vino non significa soltanto spiegare perché ha certe caratteristiche, ma anche comprendere gli sforzi delle persone che decidono di produrlo e il contesto sociale che circonda la bottiglia che stiamo per stappare. Questo, a mio avviso, è imprescindibile. Il vulcano, in particolare, ci offre l'opportunità di parlare del territorio in maniera amplificata. Spesso, quando si discute di vino, si tende a vedere l’uomo che governa il territorio, specialmente per motivi economici. Tuttavia, chi adotta un approccio più culturale tende a rispettarlo di più. Un esempio è l'Etna, dove la conformazione del suolo e i terrazzamenti spesso impediscono la meccanizzazione, quindi l’uomo non può che "subire", in senso positivo, il territorio.
Il vulcano diventa un acceleratore di spazio e tempo: quando parliamo di vino, infatti, spesso ci riferiamo allo spazio, inteso come luogo di produzione, e al tempo, perché il vino varia in base all’annata in cui viene prodotto. Il vulcano amplifica tutto questo: si appropria degli spazi che vuole e detta il tempo in cui si può operare. Per concludere, sì, nel nostro approccio usciamo spesso dai confini strettamente legati al vino. Ci focalizziamo anche su personaggi e le opere che caratterizzano il territorio. Ad esempio, abbiamo incluso un documentario sui vulcanologi e una splendida doppia pagina sull'Etna e Battiato. Ci piace spaziare anche sulla musica, per offrire una visione globale di ciò che caratterizza un territorio, che, tra le altre cose, produce vino.
CZ
Nel magazine si cammina fra le zone dei vini vulcanici del mondo: dalla Sicilia, alle Isole Canarie, al Giappone e così via. Credi ci siano delle peculiarità comuni tra i vini di questi luoghi, o ognuno racconta una storia sua ?
NC
Nel vino prodotto in modo rispettoso, artigianale, è naturale che il territorio prevalga, e deve essere così, senza eccezioni. Se invece ci spostiamo verso una produzione più industrializzata, i fattori specifici e caratterizzanti dei vini vengano meno e sono sostituiti da una standardizzazione del gusto. Ad esempio, un Sauvignon Blanc prodotto in Nuova Zelanda su larga scala sarà molto difficile da identificare territorialmente, perché il processo di omologazione lo rende meno riconoscibile.
Al contrario, quando parliamo di vini artigianali o comunque di vini prodotti con un approccio più consapevole, sono convinto che ogni territorio si esprima in modo unico. Questo dipende da una serie di fattori non solo legati al suolo o al clima, ma anche all'approccio culturale. Qui entra in gioco il concetto di terroir, che, nella sua accezione più ampia, non si limita alla zona geografica, ma include anche la presenza dell’uomo. L'uomo, infatti, fa parte di un territorio e le sue scelte stilistiche e culturali differenziano i vini di quella zona rispetto a un'altra. Quindi sì, si tratta soprattutto di un approccio culturale.
CZ
Quale credi sarà il futuro dei vigneti vulcanici nel contesto odierno di cambiamenti climatici e dello sfruttamento dei terreni?
NC
Il cambiamento climatico è evidente a tutti e naturalmente il mondo del vino si sta ponendo molte domande. Nei prossimi anni, vedremo sempre più vini provenire da latitudini a cui non eravamo abituati. La produzione si sposterà sempre più a nord. Un esempio già evidente è l'Inghilterra che da tempo ha iniziato a investire nel mondo del vino, prima sui vini spumanti, e ora anche sui vini fermi.
Parlando in un'ottica globale, anche i vulcani, a seconda della loro posizione, subiranno le conseguenze del cambiamento climatico. Essendo spesso montagne con altitudini elevate, i vulcani possono favorire climi più freschi. Prendiamo ad esempio l'Etna: è naturale che i vigneti sull'Etna risentiranno meno dei problemi legati al riscaldamento globale rispetto a quelli situati a fondovalle, grazie proprio alla maggiore altitudine.
CZ
Sono recentemente stata a Pompei e la guida raccontava come, dopo l'eruzione del Vesuvio, alcuni abitanti fossero fuggiti mentre altri avessero deciso di rimanere, malgrado il pericolo, per il profondo legame con la loro terra. Ancora oggi molte comunità vivono ai piedi di vulcani dormienti, convivendo con il rischio latente di doversene andare da un momento all'altro.
Credi che questo legame con la terra si rifletta in un attaccamento più forte nei viticoltori dei territori vulcanici?
NC
Assolutamente sì. Come dicevamo prima, il vulcano non ti lascia spazio, a meno che non sia lui a lasciartelo. Chi vive e lavora con il vulcano deve fare i conti con le paure quotidiane legate a esso. Ovviamente, l'approccio varia a seconda del vulcano di cui si parla. In questo numero di “Versanti”, ad esempio, abbiamo trattato un vulcano del Nord del Piemonte che fino a vent'anni fa era praticamente sconosciuto, perché totalmente inattivo. In quel caso, l'approccio al territorio è molto diverso.
Se invece prendiamo l'Etna, che è uno dei vulcani più attivi al mondo, vediamo una comunità fatta di persone ostinate, profondamente legate al loro territorio. Anche se questo legame non si traduce direttamente in caratteristiche organolettiche del vino, fa comunque parte di quell'identità più ampia che il vino assume. Credo che, a un certo punto, siamo tutti influenzati dalla storia dietro di un vino. A parità di gusto, se un produttore ci è antipatico, probabilmente il suo vino ci entusiasmerà meno rispetto ad uno di cui stimiamo il produttore. Questa non è scienza, è l'anima di ciò che ci piace e ci attrae.
CZ
Ho sempre provato una certa fascinazione per la natura, come spettatrice. Non sono mai riuscita a comprendere pienamente chi vive per sfidarla a ogni costo, mettendo l’asticella della loro smania un passo sempre più vicino alla morte, come Katia e Maurice Krafft: la coppia di scienziati che ha filmato, fotografato e registrato infinite colate laviche, per poi morirne.
Cosa pensi inneschi questa attitudine?
NC
Credo che alla base di personaggi estremi come Katia e Maurice Krafft ci sia una costante necessità di spingersi oltre. Penso che queste persone abbiano bisogno di provare emozioni in modo molto più intenso e continuo rispetto alla maggior parte della gente. Si tratta di voler superare sempre i propri limiti, anche quelli imposti dalla natura.
Sono convinto che sia Katia che Maurice fossero perfettamente consapevoli dei rischi che correvano. Era solo una questione di tempo. È un po' come negli sport estremi: c’è qualcosa che ti spinge a buttarti senza paracadute, o a scalare i grattacieli a mani nude. Credo che per loro fosse sia una costante ricerca di adrenalina sia di nutrirsi di avventura e ricerca.
Se vogliamo trasportare questo discorso nel mondo del vino, ci sono delle analogie. Certo, non si parla di esplorare vulcani o di scalare grattacieli. Esiste un movimento di vignaioli "estremi" che lavorano in condizioni molto difficili, spesso su pendii ripidi che richiedono sforzi enormi e comportano rischi, talvolta mortali. Non è raro che alcuni vignaioli abbiano perso la vita in vigna, schiacciati da macchinari o coinvolti in incidenti. In questi casi, il termine "eroici" è decisamente appropriato. Ci sono vignaioli che lavorano sull’Etna convivendo con i lapilli che piovono dal cielo, pur non essendo Katia e Maurice. In fondo, ci vedo un po' di quella stessa sana incoscienza levigata dal senso di appartenenza a una terra che non ammette indifferenza.
CZ
La scoperta di un terreno prolifero per i vigneti dà avvio a una nuova produzione vinicola.
Ad oggi è reale il rischio che questo venga sfruttato da agricole intensive per guadagni veloci?
NC
Per quanto riguarda la questione dei "nuovi territori da scoprire", non sono completamente d'accordo. Se parliamo di vino di qualità, penso che i territori capaci di produrre grandi vini siano già noti; non ci sono nuovi territori da scoprire. Anche i “nuovi mondi” del vino, che stanno iniziando a rivelarsi per le questioni climatico-latitudinali di cui sopra, ne avranno di strada da fare prima di essere eletti a “grandi territori”. La cultura millenaria della vite, il know how e l’adattamento specifico dei varietali ai diversi scenari climatici sono cose che non si possono inventare. Prendiamo il caso dell’Alto Piemonte, dove è stata scoperta solo in tempi recenti l’antica presenza di un vulcano, ora inattivo e collassato su se stesso. Il vino si produceva già molto prima di questa scoperta. Quello che cambia è l'approccio delle persone che producono vino, soprattutto quando il loro obiettivo non è valorizzare un territorio, ma ampliare la produzione di massa.
In questi casi, i vincoli che potrebbero esserci sono principalmente di natura politica. Tutto dipende dalle politiche territoriali e dai disciplinari di produzione stabiliti dagli organi che regolano le denominazioni. Un esempio veloce riguarda il Timorasso dei Colli Tortonesi: qui si vietò la piantumazione sotto i 210 metri di altitudine, per conquistare grandi produzioni di massa in pianura.
CZ
“Come sono regolate le differenze territoriali nelle normative viticole in Italia?”
NC
In Italia, per quanto riguarda il vino, ci troviamo quasi in uno stato federale. Da regione a regione, infatti, le differenze sono davvero notevoli. Ci sono territori come le Langhe, dove l'attenzione alla microparcellizzazione è estrema e non ci sono denominazioni IGT; dall'altro lato, ci sono aree come la pianura emiliano-romagnola, dove la produzione di massa e il territorio sono trattati di un'entità unica.
Si potrebbe fare un lavoro migliore sotto questo aspetto, ma per farlo bisognerebbe anche cambiare la mentalità del consumatore. Spesso, infatti, è l'offerta che si adatta alla domanda. Se il consumatore si stancasse di bere vini da 3€, e dunque spesso prodotti in zone "violentate", forse anche le produzioni si orienterebbero verso una maggiore dignità.
CZ
Volevo farti un’ultima domanda. Come o in chi pensi si reincarnerebbe il dio Bacco nella contemporaneità?
NC
Ti rispondo con una situazione concreta: immagina una tavolata di amici che si ritrovano. Questa scena richiama l'aspetto di convivialità e anche il piacere legato al vino, un elemento che non dovremmo mai dimenticare. Qui torniamo al secondo significato della parola "versanti": il vino, alla fine, va versato, va bevuto e bisogna goderne. Il gesto di versare il vino ha anche una componente mentale: non è solo un atto fisico, ma un momento in cui si condivide e si parla di ciò che si sta bevendo. La convivialità non è fine a sé stessa, molte delle conversazioni più significative che ho avuto sono nate proprio mentre condividevo un buon calice di vino. Per me, è questa la reincarnazione di Bacco.
Se anche per te il vino non è un prodotto ma una testimonianza, puoi trovare il numero di VERSANTI di Vini e Parole QUI.